lunedì 26 dicembre 2011

Indiscipline

                                                                                                                     Antonio Ligabue

Indisciplina

L'ubriaco si lascia alle spalle le case stupite.
Mica tutti alla luce del sole si azzardano
a passare ubriachi. Traversa tranquillo la strada,
e potrebbe infilarsi nei muri, chè i muri ci stanno.
Solo un cane trascorre a quel modo, ma un cane si ferma
ogni volta che sente la cagna e la fiuta con cura.
L'ubriaco non guarda nessuno, nemmeno le donne.

Per la strada la gente, stravolta a guardarlo, non ride
e non vuole che sia l'ubriaco, ma i molti che inciampano
per seguirlo con gli occhi, riguardano innanzi
imprecando. Passato che c'è l'ubriaco,
tutta quanta la strada si muove più lenta
nella luce del sole. Qualcuno che corre
come prima, è qualcuno che non sarà mai l'ubriaco.
Gli altri fissano, senza distinguere, il cielo e le case
che continuano a esserci, se anche nessuno li vede.

L'ubriaco non vede né case né cielo,
ma li sa, perchè a passo malfermo percorre uno spazio
netto come le strisce di cielo. La gente impacciata
non comprende più a cosa ci stiano le case,
e le donne non guardano gli uomini. Tutti
hanno come paura che a un tratto la voce
rauca scoppi a cantare e li segua nell'aria.

Ogni casa ha una porta, ma è inutile entrarci.
L'ubriaco non canta, ma tiene una strada
dove l'unico ostacolo è l'aria. Fortuna
che di là non c'è il mare, perchè l'ubriaco
camminando tranquillo entrerebbe anche in mare
e, scomparso, terrebbe sul fondo lo stesso cammino.
Fuori, sempre, la luce sarebbe la stessa.
Cesare Pavese

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