lunedì 26 dicembre 2011

I brutti



A volte si ha l’impressione che non è affatto vero che la materia umana sia una ed una soltanto. A volte si avverte talmente ampia la distanza che ci separa dal prossimo da giudicarla assolutamente incolmabile. Talvolta accade di incontrare i brutti ed è allora che ci si accorge che l’umanità è divisibile, quantomeno, in due: da un lato i belli (ed i potenzialmente tali); dall’altro i definitivamente brutti. I brutti sono quelli che mangiano male, sia che abusino del cibo sia che se ne privino. I brutti sono quelli che occupano lo spazio in maniera sempre impropria: si muovono male, camminano goffi come pinguini, siedono anche peggio, ogni loro movimento non fa che comunicare sgradevolezza. I brutti sono ingombranti ed il loro corpo sembra sempre capitato per caso e malgettato nelle situazioni. I brutti sembrano mai padroni dei loro gesti. I brutti non ascoltano, perché non sanno arricchirsi, restano impermeabili al mondo perché ne hanno terrore. Sono ignoranti perché non imparano, ed i loro occhi sono sempre abissi di nulla in cui grida la paura. Occhi che si guardano attorno con nervosa apprensione, ma che non sanno vedere alcunché, che tutto confondono e trasformano. I brutti hanno espressioni fuori luogo perché pensano male e sentono anche peggio. I brutti nulla sanno creare, perché sono egoisti e la bellezza che hanno attorno li infastidisce. I brutti vestono male, non hanno un odore gradevole e trasmettono la sensazione del marcio. I brutti non hanno mai idee proprie, anche se sono convinti del contrario: sono conformisti in ogni caso e si affezionano morbosamente a pochi e poco articolati pensieri. Sono servili e ottusi. Sono sempre molto indulgenti nei propri confronti; mentre presumono gli altri sempre più stupidi.
Ne ho incontrate di persone brutte, tante ho potuto evitarle, ma molte ho dovuto, sia pure per poco, subirle. Ma non mi abituo: ogni volta sento di subire una violenza, sempre del tutto gratuita. La bruttezza è violenza, perché è stupidità che si reifica. Sono stato in case di persone brutte, obbligato dai casi della vita: ho dovuto subire l’odore dei loro luoghi, che dà la nausea, sentire il gelo dell’avarizia che ristagna negli angoli bui e polverosi; ho dovuto sopportare la vista del mobilio scadente o semplicemente impersonale, dei colori inappropriati, dell’organizzazione degli spazi che sa di sordo accumulo. Ho dovuto, e dovrò, condividere con i brutti parte del mio tempo, ma mai mi ci abituerò! E sempre fuggirò la bruttezza!
Un grande uomo, che è stato padre pur non avendo famiglia, nel 1968, a 35 anni, scriveva e viveva frasi come queste:
“L’uomo libero è colui che pensa con la sua testa e che irraggia tutt’intorno la serenità, il gusto e la bellezza del suo stato. Egli è artefice del suo destino, padrone dei suoi atti, coraggioso, sveglio e vigilante; ama la vita e l’abbelisce con opere di libertà. Attorno a lui sono sempre ottimismo, fiducia, ardore di opere. Colui, poi, che sta sempre nella massa e ripete invariabilmente i pensieri della massa diffonde tutto intorno, per ampio raggio, solo il pestifero fetore dei cadaveri e la malinconia dei cimiteri. È sempre oppresso dalla paura, sfugge sempre, mangia con abbondanza ma solo per riempire, poi, le fogne. Guarda gli altri con paurosa tenerezza, pronto sempre alla più bassa mormorazione quando nessuno può vedere o sentire. Senza nome e senza volto vive la sua bassa vita tra intrighi e miserie; odia la solitudine solo per non sentire il vuoto atterrente del suo essere. La nostra società è appesantita da tale zavorra, da tanta merce antropomorfa inutile, ingombrante, fastidiosa, pronta ai gesti corali ed alle ubbidienze cieche.”
Quest’uomo aveva, in parte, il mio stesso sangue ed è morto dentro la bruttezza che, almeno da giovane, aveva tenacemente fuggito… È stato doloroso percepire quanta bruttezza avesse avvolto negli ultimi anni la vita di quest’uomo ed è doloroso pensare che, dunque, possiamo soccombere… “Bisogna essere un mare per accogliere la sozza corrente e rimanere puri”. Ed io voglio credere che quest’uomo sia sempre riuscito ad essere mare.
Io guardo i brutti e mi piaccio, perché amo la bellezza, la cerco, me ne nutro, mi arricchisco, ed anche se a volte mi sento meno bello perché ho incontrato la bruttezza, so cosa è il bello, so coltivarlo, ed è la mia salvezza.
donato pistone (1° marzo 2009)

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