La fine delle ideologie, come la crisi d'ogni forma di grande associazionismo, trova la sua radice nello smascheramento del meccanismo.
Ogni grande aggregazione ideale finisce per diventare, presto o tardi, non altro che lo strumento in mano di pochi per gestire una certa quantità di potere. Ogni illusione di democrazia si trasforma in oligarchia. Ogni comunione in setta. La constatazione dell'inganno comporta l'implosione delle forme. L'ideale si affloscia, si accartoccia su se stesso. Ed ogni individuo finisce per riadattarsi ai nuovi principi riemergenti: regole tribali di comunità, in cui l'associato dà il proprio contributo per vedere riconosciuto il proprio privilegio rispetto ai non appartenenti. La degradazione tribale riporta in vita le semplificate forme del familismo. Il singolo si ripiega ed isola nella propria ristretta cerchia dove gli interessi si semplificano nella radicalizzazione primitiva: il mio bene sorge dall'altrui malessere; il mio soddisfacimento è condizionato dall'altrui privazione...
Ed ecco imporsi il "credo" delle risorse limitate che giustifica ogni amoralismo e che legittima ogni infondata giustificazione: chi ha di più lo ha meritato; chi non ha se l'è cercata. (Teoria del merito contro teoria delle competenze o del contributo.)
La crisi della comunità dialettica, dialogante determina la frustrazione dell'individuo, ed impone la necessità della scelta tra conformismo ed esclusione (o rivolta...).